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CEFPAS FlashNews 20 dicembre 2019

 
Servizio Comunicazione CEFPAS
CEFPAS FlashNews 20 dicembre 2019
by Servizio Comunicazione CEFPAS - Thursday, 19 December 2019, 1:37 PM
 

Cefpas FlashNews  21 dicembre 2019



La direzione strategica e i dipendenti del CEFPAS  

Vi augurano 

Buone Festività Natalizie




Avviso:

Gli uffici del CEFPAS resteranno chiusi il 24-27-30-31 dicembre 2019 e riapriranno il 2 gennaio 2020.



riceviamo e pubblichiamo


"Insicurezza e Responsabilità"

Lectio magistralis, 17 dicembre 2019 

Il titolo di questa lettura è volutamente provocatorio. In altri tempi avrei proposto il titolo “sicurezza e cultura no blame”, cioè sicurezza e cultura della non colpevolezza.

Ma oggi ho deciso di essere più realistico. Questo titolo è una provocazione alla vostra attenzione, alla vostra sensibilità, al vostro modo di essere professionisti, al modo che avete di proteggere il prossimo, alla vostra consapevolezza o meno della posizione di garanzia che assumete ogni giorno nei confronti dei vostri pazienti, al vostro modo di vedere ogni paziente come un vostro congiunto da proteggere ad ogni costo.

A più di venti anni da To Err Is Human quale è la situazione ?

Sappiamo che la maggior parte gli errori sono commessi da professionisti che quotidianamente tentano di far bene il loro lavoro.

La nostra tradizionale attenzione all'identificazione di chi è la colpa era solo una distrazione.

Ma oggi mi chiedo se era davvero solo una distrazione.

La maggior parte delle organizzazioni sanitarie ha accolto il modello no blame abbandonando il precedenti sistemi considerati “punitivi”.

Indubbiamente ciò ha portato dei risultati. Ad esempio l’attivazione di sistemi elettronici per la compilazione dalla cartella clinica può intercettare errori di scrittura e di prescrizione.

Ma da alcuni anni noi, quelli del rischio, gli scocciatori del rischio clinico, abbiamo iniziato a mettere in discussione il paradigma no blame.

Nasce oggi la necessità di un approccio più aggressivo a prestazioni scarse e negligenti. Si iniziano a delineare profili di responsabilità per mancata cura per esempio dell'igiene delle mani.Quello che adesso ci serve è una “cultura giusta” piuttosto che una cultura "senza colpa".

La "cultura giusta" differenzia il danno da colpa dal danno inevitabile collegato a condotte incolpevoli ed irreprensibili.La creazione di una cultura senza colpa, e forse solo oggi lo abbiamo capito, porta con sé dei precisi rischi per la sicurezza.

È difficile tuttavia trovare il giusto equilibrio per la valutazione delle responsabilità. Potremmo declinare numerose pratiche per la sicurezza e stabilire le relative penalità in caso di inadempimento per incapacità o mancanza di volontà di aderire a tali pratiche. Senza affrontare i temi relativi alla competenza clinica, ma rivolgendo la nostra attenzione esclusivamente alle azioni ed alle omissioni di singoli professionisti relativamente ad azioni talora anche banali, ricordiamo che molti anni fa i tassi di igiene delle mani nella maggior parte degli ospedali americani erano vergognosi, spesso inferiori al 20%. Mentre l'attenzione iniziava a concentrarsi su tassi di infezioni associate all'assistenza sanitaria inaccettabilmente alti, la maggior parte delle organizzazioni ha trattato i bassi tassi di igiene delle mani come un problema di sistema.

Talora poco utili sono apparse anche le campagne per l'igiene delle mani accompagnate ora da ammonizioni ora addirittura da incentivazioni di carattere economico. I distributori di gel per le mani sono stati collocati all'interno o in prossimità di ogni stanza del paziente. Alcune istituzioni hanno persino richiesto il supporto di ingegneri clinici ed esperti di ergonomia per valutare il “veramente complesso” problema della igiene delle mani. Ma era ed è questo davvero un problema di sistema ? O possiamo parlare di problema di professionisti non attenti alla corretta applicazione di procedure di sicurezza ?

L’igiene della mani è un semplice esempio, ma tanti altri se ne potrebbero fare. Ed oggi dopo tutti questi sforzi dove siamo? I tassi di corretta applicazione della igiene delle mani si sono elevati nel migliore dei casi al 70-80%, ma solitamente sono ancora saldamente ancorati a percentuali al di sotto del 60%.

È davvero questo un problema di sistema? Assolutamente no !

"Stiamo cercando di migliorare il sistema" non va più bene. Questa risposta non è più quella corretta.

Molti dei problemi di aderenza alle procedure di sicurezza dei pazienti non sono un problema di sistema: sono in gran parte un problema di responsabilità. Eppure sappiamo di medici che applicano in modo errato tali procedure e a volte addirittura rifiutano di eseguirle. Le Direzioni ospedaliere spesso tollerano tali comportamenti evitando di porre in atto adeguati provvedimenti.

I professionisti talora omettono spesso alcuni passaggi obbligatori previsti in alcune procedure di sicurezza, una per tutte: il time out in sala operatoria.

Fino a quando le trasgressioni o, per essere maggiormente precisi, le violazioni non comporteranno alcun rischio di penalità, molti continueranno ad ignorare le regole, credendo che esse sono legate a fastidio o a perdita di tempo.  

Un pilota che non applica la checklist prima di un volo, prima o dopo resta senza aereo, almeno per un po'.

Un medico che non applica la checklist prima di un intervento chirurgico quante probabilità ha di restare senza paziente ? Anche solo per un giorno?

Probabilmente pochissime.

Se dobbiamo essere sinceri…praticamente zero.

In aviazione, casa della cultura no blame, una volta implementata una ragionevole norma di sicurezza, la mancata adesione lascia il mondo di "nessuna colpa" ed entra nel mondo della responsabilità.

“La debolezza è provocatoria” (cit). La debolezza delle nostre organizzazioni e la tradizione dell'applicazione lassista delle norme di sicurezza ha portato troppi professionisti ad ignorarle.

Non vogliamo un ambiente così cattivo e sciocco da infliggere sanzioni per una singola ed irrilevante dimenticanza, ma che sia in grado di colpire un errore volontariamente determinato, attivando una sanzione proporzionata e giusta.

Mentre la scienza continua a produrre miglioramento, noi siamo fermi tentando di bilanciare “no colpa " e responsabilità.

"No Blame" non è un imperativo morale. Anche se così pare ai professionisti della salute, ma non allo stesso appare ai pazienti ed ai loro congiunti.

“No blame” è piuttosto una strategia utile a raggiungere la sicurezza delle cure in modo appropriato e responsabile.

"Nessuna colpa" è uno strumento spesso straordinariamente utile. Ma per alcune pratiche di sicurezza dei pazienti, è semplicemente lo strumento sbagliato.

Da più parti quindi avanza l’idea piuttosto che di una cultura “senza colpa” di una “cultura giusta”. 

Il paradosso della cultura della sicurezza in modalità no blame è quello che agli estremi limiti essa diventa una “cultura dell’insicurezza”.

Tollerare ripetute violazioni potrebbe rappresentare quasi una complicità ancor meno tollerabile della violazione stessa.

È tempo quindi di ragionare ed aprire una nuova era del rischio clinico.

Quello che non stiamo facendo nelle nostre organizzazioni lo stanno facendo la magistratura ed i pazienti, ma non è questa la strada giusta.

“Gli altri” possono leggere il nostro “no blame” come debolezza e voglia di non attaccare le cause profonde dei nostri errori.

Nel nostro lavoro stanno entrando, anzi sono già entrate, altre figure che tentano di mettere le pezze alle nostre inefficienze.

Dove sono finite l’autonomia del medico, la scienza e la coscienza, l’indipendenza decisionale ?

Saper giudicare senza batter ciglio alcuni comportamenti professionali inaccettabili ci darà una nuova credibilità e servirà da esempio per i professionisti di oggi e per i professionisti a cui noi lasceremo i nostri ospedali.

Il giusto equilibrio tra "nessuna colpa" e responsabilità salverà delle vite umane.

Qual è la nuova strada da seguire ?

Ian Leistikow, autore del libro Prevention is better than cure. Learning from adverse events in healthcare con lucido ragionamento affronta il tema delle fasi attraverso le quali la sicurezza può migliorare in vari settori delle attività umane.

Nella prima fase sono la conoscenza e la tecnologia ad essere il motore del miglioramento.

Nella seconda fase una adeguata gestione della conoscenza e della tecnologia consentono di ottenere un ulteriore miglioramento. La seconda fase è quella delle linee guida, delle procedure, dei regolamenti.

Al culmine della seconda fase si avvia la terza in cui i driver per nuovo miglioramento sono la cultura ed il comportamento.

Relativamente all’ambito sanitario pensiamo al secolo scorso (prima fase) in cui lo sviluppo di conoscenza e tecnologia hanno concesso una maggiore aspettativa di vita.

Poi è arrivata la seconda fase, quella del miglioramento della sicurezza. Linee guida, regole e regolamenti hanno aiutato gli operatori sanitari a raggiungere nuovi e migliori risultati per i pazienti.

La terza fase, probabilmente quella dell’ultimo decennio, ci ha inaspettatamente servito un certo rifiuto nei confronti di linee guida e quanto altro utile alla gestione della conoscenza.

Per migliorare ulteriormente (e per non perdere terreno) dobbiamo guardarci negli occhi ed affrontare i nostri valori, la nostra cultura e valutare il nostro comportamento.

La terza fase è quella che ci porterà ancora più avanti o ci farà sprofondare in un pericoloso passato, nella dark age - epoca scura del rischio clinico.

Oggi siamo di fronte ad una svolta.

Attenzione però a falsi miti e ad improbabili obiettivi.

The harms of promoting ‘Zero Harm’, il pericolo di puntare ad una utopica assistenza “Zero Harm” – zero danni, come ci dicono Vincent ed Almaberti, è altrettanto pericoloso.

“Quali strategie potremmo adottare per proteggere i pazienti quando i sistemi sanitari e le organizzazioni sono sotto stress e non possono garantire lo standard di cura a cui aspirano ? "

L'obiettivo del danno zero non è misurabile. Anche per il numero limitato di danni evitabili che potrebbero essere misurati nella pratica. Non abbiamo sistemi di misurazione sufficientemente affidabili e validi da garantire ai pazienti che abbiamo raggiunto o siamo vicini all’obiettivo di “Zero Harms”.

“L'obiettivo di zero danni non è solo irraggiungibile, è inconoscibile ! ”

Ma la misurazione dei danni non è forse solo una parte della misurazione della sicurezza ?

Per migliorare la sicurezza dei pazienti dovremmo concentrarci sulla riduzione del rischio invece che sul tentativo di eliminazione del danno.

Bisogna quindi passare dalla safety tipo 1 alla safety tipo 2.

La Safety 1 punta ad identificare i fattori causali di eventi avversi e prescrivono interventi chiari per prevenire il danno. Il sistema prevede la misurazione delle non conformità e l’utilizzo di protocolli e procedure.

Le organizzazioni tuttavia dovrebbero anche adottare un sistema di safety di tipo 2 con l’implementazione di strumenti utili a raggiungere il risultato all’interno di un setting assistenziale estremamente dinamico, complesso e imprevedibile.

Invertire il punto di vista e basare la gestione della sicurezza non più sulle cose che vanno male, bensì su tutto ciò che si verifica in assenza di incidenti e infortuni.

Studiare la capacità di adattamento del sistema e utilizzare quanto appreso per creare nuovi strumenti o migliorare quelli in essere.

In questo modo, un approccio tipicamente reattivo può diventare proattivo e contribuire enormemente alla migliore comprensione della realtà operativa e al miglioramento basato sulla sua comprensione.

Ma questa…. speriamo che non sia un’altra storia….

Tommaso Mannone. 



 

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